Elogio della diversità e del coraggio

da | Mar 29, 2023 | Articoli

A Torino cresce un albero che è l’elogio vivente della diversità e del coraggio.

Lo si vede subito che non è un tipo qualunque e sicuramente non è un caso che abiti sul corso intitolato all’Optimus princeps, ovvero al più saggio degli imperatori romani, all’angolo d’un viale intitolato ad un grande filosofo italiano del secolo scorso. Non è un caso, perché lui è una lezione vivente di storia e di filosofia.

Un bel po’ d’anni fa s’addormentò in campagna e si risvegliò in primavera accanto ad un semaforo, primo d’una fila di suoi compagni di sventura. Non è una vita facile fare l’albero su un corso ad alto scorrimento: i palazzoni schermano la luce e il rumore del traffico è incessante. Ai semafori poi, s’aggiunge lo stridio delle gomme in frenata o in accelerazione ed il gas di scarico si concentra, soffocante.

Sin da subito però, in alcuni momenti della giornata, un rumore diverso da quel tran tran angosciante attirò la sua attenzione. Giungeva dalle sue spalle, ma lui per quanto si sforzasse non riusciva a vedere, perché un palazzo glielo impediva. Ah come gli sarebbe piaciuto stare sull’altro lato del viale! Pochi metri più a sinistra e pure lui sarebbe riuscito a vedere cos’era quel misto di grida, risate, pianti, richiami, che sentiva.

Lui non era come i suoi compagni, che guardano solo in alto, lui voleva guardare da tutte le parti. E allora ogni giorno si sforzava di sporgersi alla sua sinistra, incurante degli sberleffi dei suoi scettici e rassegnati compagni. A lui quegli sforzi non parevano vani, perché ogni giorno gli sembrava di guadagnare un frammento di luce in più.

Sforza oggi, sforza domani, ad un certo punto – il tempo per gli alberi non è come il nostro, un anno per loro è come un mese o poco più per noi – i suoi rami iniziarono a superare dapprima l’angolo del palazzo, poi la testa del semaforo, sino a giungere a metà carreggiata del viale.  Non era abbastanza: vedeva un bel pezzo di parco, la gente correre, andare in bicicletta, passeggiare, aveva  guadagnava un sacco di luce, ma ancora non riusciva a scorgere a chi appartenesse quel vocio che rallegrava al solo sentirlo.

Lo sconforto durò appena un attimo, perché lui era testardo ed intelligente, come tutti i curiosi, e sapeva bene che ormai il più era fatto, bastava solo un poco di pazienza e poi sarebbe cresciuto abbastanza da superare tutta la carreggiata e vedere finalmente l’area destinata ai bimbi, godendo così tutti i giorni di quella vitalità rumorosa.

Era soddisfatto e felice: aveva raggiunto l’obbiettivo. Ora che poteva ragionare con più calma, si rese conto d’esser diventato nel frattempo anche più forte e robusto, non solo perché aveva guadagnato luce ed aria, ma anche perché, preso com’era dalla ricerca di quel suo orizzonte, non aveva avuto il tempo di piangere per la sua condizione.

Ora sta lì, meravigliosamente storto, coi piedi su di un corso e la testa sull’altro, pendente il doppio della Torre di Pisa.

Molti lo guardano preoccupati e preferiscono fare il giro un po’ più largo: vuoi mai che decida di cadermi in testa!

Eh già, viviamo in un tempo in cui la paura la fa da padrona, non importa quanto indotta o ingiustificata. Ed allora pure quell’albero ci spaventa, anziché rassicurarci con la sua storia, fatta di felice diversità e di coraggio, del coraggio di essere diversi e di essere felici con poco. La nostra paura è così grande ormai da farci dimenticare il fatto che quasi tutte le conquiste umane le dobbiamo a quelli strani e non allineati. 

Ma il coraggio non è solo il suo, è anche – soprattutto, perché il destino d’un albero cittadino è sempre e solo nelle mani dell’uomo – di quel manipolo di uomini che, forti della loro conoscenza, sanno ancora assumersi delle responsabilità e dei rischi, rilasciando ogni anno al nostro amico albero il certificato di sana e robusta costituzione, che lo preserva dalla motosega mortale che taluni fifoni preferirebbero.

Cari genitori, quando accompagnate i vostri figli a giocare ai Pizzi raccontate loro la storia di quest’albero, la lezione che viene dalla grande forza della diversità e da quegli uomini, che avendo il coraggio di far bene il loro mestiere, sanno riconoscere e rispettare quella forza e così facendo si fanno garanti e testimoni del diritto per tutti ad una vita felicemente diversa.  

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