Difficile parlare di pace in una società in cui la creazione del nemico e il pensiero binario ne costituiscono elemento fondante e che ha fatto di individualismo e competitività senza regole uno stile di vita. Se l’unica cosa che conta è vincere ed il successo si basa su aggressività e assenza di scrupoli, è ovvio che per l’Io qualsiasi Altro è il nemico.
Questo modo di pensare – e per molti di noi ormai di essere – si somma alla plurisecolare convinzione di superiorità della nostra civiltà su tutte le altre e quindi alla legittimità delle nostre azioni di esportazione del nostro modello di vita, di pensiero e di economia. Esportazioni di volta in volta necessarie per portare, con la filantropia che ci contraddistingue, alle barbare popolazioni locali la vera religione, la migliore civiltà mai comparsa sulla terra, la democrazia.
Non ce la facciamo proprio, è più forte di noi. Per noi i cinesi sono tutti commercianti di calzini al mercato e gli africani venditori di perline sulla spiaggia: l’idea che rappresentino millenarie civiltà di altissimo valore e di dignità almeno pari alla nostra, non ci sfiora neppure.
Noi pensiamo di addolcire questa triste realtà (ovvero che siamo razzisti, presuntuosi, violenti ed imperialisti, e lo siamo tanto dentro la nostra società, quanto nei rapporti con le altre) con la retorica del politicamente corretto, con l’ipocrisia, fatta sistema, della difesa dei valori fondanti – e sistematicamente disattesi – della nostra democrazia, col buonismo a senso unico d’un’incessante narrazione disneyana.
Questo scontro di civiltà è plasticamente riassunto dall’incontro tra Joe Biden e Xi Jinping, sulla guerra in Ucraina, tenutosi in video chiamata il 17 marzo 2022, che i resoconti dei principali quotidiani così riportano.
Xi Jinping: «Dobbiamo guidare lo sviluppo delle relazioni Cina-Usa sulla strada giusta, ma dobbiamo anche assumerci le nostre dovute responsabilità internazionali per compiere gli sforzi per la pace e la tranquillità nel mondo».
Joe Biden: «Fate sì che Mosca metta fine a questa orribile guerra. La Cina scelga il lato giusto della Storia, altrimenti ci saranno implicazioni e conseguenze».
Xi Jinping: «Spetta a chi ha legato il sonaglio al collo della tigre, il compito di toglierglielo».
A microfoni spenti e dopo una riunione di staff piuttosto lunga, spiegheranno al vecchio cowboy chi era la tigre e chi le aveva messo al collo il sonaglio.
Del resto cosa possono mai saperne e capirne, questi americani, di un tal Huì Hòng, antico poeta della dinastia Song, che governò la Cina dal 960 al 1279. Gli amerindi, quelli sì, quelli l’avrebbero capita subito! Ma loro non conoscevano il pensiero binario, loro si sedevano sui talloni, accendevano un calumet e lentamente, a turno, argomentavano, per lo più per aforismi, che richiedono un ascolto attento ed un minimo di ragionamento per essere compresi. Uno di questi ci invitava alla cautela nei giudizi: Prima di giudicare qualcuno, cammina per tre lune nei suoi mocassini.
Noi no. Noi ragioniamo solo più in modo binario: sì/no, vero/falso, buono/cattivo, giusto/sbagliato. Perché è più semplice, più immediato, ed è anche più facile identificare il nemico, capire da che parte stare, senza se e senza ma, e redigere chiarissime liste di proscrizione.
Quindi, quando intavoliamo una qualunque trattativa, vogliamo stare a capo tavola, diamo ordini e facciamo i bulli, perché, come dice il supremo cowboy, la parte giusta della storia, inevitabilmente, è la nostra.
Presuntuosi come siamo non ci accorgiamo neppure di quanto conti – in termini d’abitanti, gioventù e risorse, quindi di economia e soprattutto di futuro – il mondo che non ha votato contro la Russia nessuna delle risoluzioni ONU. Se scateniamo una nuova bipolarizzazione del mondo, questa volta, i perdenti – senza se e senza ma – saremo noi.
Se a qualcuno la nostra analisi è parsa troppo sbilanciata e troppo critica verso l’occidente, sappia che ha ragione. Sappia però che nulla c’entra l’anti qualcosa o il pro qualcuno, semplicemente, sentendoci italiani, europei e occidentali, applichiamo uno degli insegnamenti di quei pellerossa dei nostri vecchi: prima di guardare in casa d’altri, guarda a casa tua.